#BegbieOnTour Begbie Galatasaray-Genclerbirligi Ali SamiYen Turk Telekom Arena Istanbul Turchia Ultraslan Sneijder

#BegbieOnTour ep. 5 – Istanbul: nell’inferno Ultraslan per Galatasaray-Genclerbirligi

Alcune cose sono difficili da spiegare, alcune emozioni le vivi e poi fai fatica a raccontarle. Alcune idee vengono così, d’impulso, estemporanee. Come partire da soli per un weekend a Istanbul in un viaggio nell’inferno della Türk Telekom Arena dove si gioca Galatasaray-Genclerbirligi.

Tra la storia di Rambo, quella di Fatih Terim e il #BegbieOnTour da Gündesli su TheBegbieInside.com non ho mai fatto mistero di apprezzare il calcio turco, le sue follie ed i fenomeni sociali ad esso collegati, ma un’altra cosa è far parte della storia. Un’altra cosa è vivere tutto rigorosamente in prima persona. (Perdonatemi dunque qualche frase sconnessa, elenchi della spesa ed eventuale flusso di coscienza. Non c’è altro modo per raccontare tutto questo).

Il viaggio verso Istanbul

Prenoto mercoledì un volo last minute della Turkish Airlines e arrivo ad Istanbul con un’ora di ritardo alle 17. Non faccio in tempo a scendere dall’aereo e mi trovo comitive di vecchi italiani che litigano in coda con dei ragazzi turchi che volevano superare la fila. Cominciamo bene, è il posto mio!

Esco dall’aeroporto e mi tuffo nel primo taxi che trovo. Il tassista se la cava con l’inglese e inizia a parlarmi di Istanbul, decide anche di insegnarmi nel tragitto come dire “grazie”, “sì” e “no” in turco. A questo punto provo a stuzzicarlo sul calcio, gli chiedo quale fosse la sua squadra del cuore. Gli si illuminano gli occhi, mi fa un sorrisone e mi dice: “Fenerbahce!”. Lo guardo e decido di raccontargli che ho deciso di andare a vedere il Galatasaray poche ore dopo. Il suo sorriso sparisce e a malapena mi rivolge la parola per i restanti venti minuti che mi separano tra i selvaggi vicoletti vicino a Piazza Taksim, dove ho prenotato una stanza in un piccolo hotel. Tempo di fare il check-in e vado alla ricerca di un altro taxi: destinazione Türk Telekom Arena, o per i più nostalgici Ali Sami Yen Spor Kompleksi.

L’arrivo allo stadio

Trovo un taxi e spiego in fretta e furia la mia destinazione. Il tassista non mi pare entusiasta, ma inizialmente penso sia solo perché si sarebbe evitato volentieri di imbottigliarsi nel traffico verso lo stadio. Quando entro in macchina però capisco meglio, lo smartphone che usa da navigatore sfoggia il logo del Fenerbahce come wallpaper. E di trasportare un presunto tifoso del Galatasaray avrebbe fatto a meno. Ho la conferma di tutto questo nei pressi dello stadio. Ci fermiamo in una sorta di superstrada, accosta, mi indica lo stadio accessibile soltanto da una sopraelevata e mi dice: “Siamo arrivati. Scendi, attraversa la strada, scavalca il guard rail e scala quella montagna, così arrivi allo stadio”.

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Per una frazione di secondo pensavo mi prendesse per il culo, poi ho capito che non sarei riuscito a convincerlo ad andare oltre.
Mi scalo la montagna a fatica e raggiungo i primi tifosi del Galatasaray che stanno per avvicinarsi allo stadio. Scendo in un sottopassaggio per arrivare ai cancelli e mi ritrovo già circondato da gente che picchia sui muri e intona cori.

L’adrenalina cresce, ma non è nulla rispetto a ciò che mi aspetta pochi minuti dopo. Ritiro con fatica in biglietteria la mia Passolig (la tessera del tifoso turca, #noallatessera!) e mi lancio. Passo i tornelli e ci sono: posto non numerato, settore inesistente, tutto lo stadio in piedi (nessuno escluso!), nessuna barriera. Welcome to Hell!

Galatasaray-Genclerbirligi

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Il Galatasaray è in testa alla classifica del campionato a tre giornate dal termine, ma deve vedersela con le storiche rivali Fenerbahce e Besiktas, staccate di soli pochi punti. Il colpo d’occhio è da brividi. 52.000 persone e forse qualcosa di più, unite in un boato che ti sale dalle viscere. Mi faccio largo in una delle zone più calde del tifo del Galatasaray, quella coordinata dagli Ultraslan, il gruppo ultras creato da Alpaslan Dikmen che ha unificato tutta la tifoseria Cim Bom e salvato il club dalla bancarotta pochi anni fa.
Evidentemente non avevo un viso conosciuto e dopo qualche scambio di sguardi il ragazzo accanto a me prova a chiedermi qualcosa in turco. Gli rispondo in inglese, ma capisco dalle facce intorno a me che considerando l’odio dei tifosi del Gala nei confronti degli inglesi non ho avuto una grande idea. Finisco così per rimarcare la mia italianità, un po’ rispondendo “Italiano!” a ogni persona mi rivolga la parola, un po’ inveendo in italiano durante la partita per non destare più troppi sospetti. D’altronde questo non è Football Factories, qua non c’è la produzione e non trascorro solo dieci minuti nello stadio, devo stare un attimo attento a cosa faccio.
Dopo pochi minuti si crea un clima surreale in cui al primo appoggio sbagliato ci sono io che bestemmio in italiano e il ragazzo a fianco a me che per lo stesso motivo mi guarda e sclera in turco. Nessuno dei due capisce una parola, ma gli smadonnamenti per gol sbagliati, decisioni arbitrali dubbie ed errori tattici sono una lingua internazionale.
Il primo tempo fila liscio, tanto che all’intervallo vado pure al bar nella speranza di trovare una birra da bere, ma quello che mi ritrovo davanti mi spegne ogni illusione. Acqua, Cola Turka o tè e nel soppalco dei vari baretti presenti allo stadio alcuni tifosi si tolgono le scarpe e si rivolgono verso La Mecca per pregare. Pretendevo troppo in uno stadio in maggioranza musulmano in effetti.

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Torno in curva e provo a farmi un po’ di spazio tra la bolgia. Il Galatasaray fatica a segnare, nel finale un presunto rigore fa svuotare per un attimo il settore. Dove diavolo vanno tutti? A vedere uno schermo di servizio che trasmette la partita (e la moviola) sulle scale che portano alle tribune.
La curva diventa un via vai di gente, ancora più incasinata se mai fosse possibile. E proprio in quei momenti, al 67′, Sneijder segna il discusso 1-0 (quello che ha scatenato accuse di partita truccata). Scoppia il delirio. Nella ressa volo 4-5 file più giù, praticamente dallo stesso Sneijder. La gente è impazzita, lo scudetto è vicino. Mi rialzo, mi guardo intorno e trovo accanto a me un uomo sui 60 anni. Sorride, mi tira un pugno sulla spalla e mi salta in braccio. To Hell and Back!

L’uscita dallo stadio

La partita finisce non senza patemi e rischi dell’ultimo secondo. Il triplice fischio è una liberazione. All’uscita tocca sgomitare un po’ tra cori, festeggiamenti e deliri vari. Per allontanarsi dallo stadio è obbligatorio fare un paio di rampe di scale recintate da filo spinato per ritornare alla famosa sopraelevata. Ottimo.

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Ma siamo pur sempre in Turchia, allo stadio del Galatasaray, quindi non è solo il filo spinato la stranezza, piuttosto chi lo scavalca comunque per guadagnare dieci minuti di tempo e superare la fila.

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Dopo un po’ di camminare la recinzione ai lati diventa più bassa e senza filo spinato, con accesso diretto alla superstrada, dove sono presenti gli unici taxi. Scavalcare la barriera e saltare in superstrada? Mh, non mi sempre una grande idea. Ma mi guardo intorno e vedo parecchia gente che lo fa. Che faccio mi butto? Sbam! Mi lancio anch’io, mi faccio un male cane alla gamba ed atterro accanto ad un taxi. Ci entro e nell’adrenalina dello stadio decido anche di dividerlo con altri tre turchi. Sì, non una grande idea se finisci per girare per diversi minuti in vicoletti bui con quattro persone che confabulano in una lingua a te sconosciuta. Ma se sono qui a raccontarvelo vuol dire che Begbie è sopravvissuto.

Torno in Piazza Taksim e mi infilo in un pub alla ricerca di qualche birra. Entro e mi trovo una foto di George Best. Eccomi a casa… Teşekkürler Istanbul!#BegbieOnTour Begbie Galatasaray-Genclerbirligi Ali SamiYen Turk Telekom Arena Istanbul Turchia Ultraslan Sneijder

“Forse è qualcosa che non puoi capire se non ci sei dentro. Come fai a capire quando mancano tre minuti alla fine e stai 2-1 in una semifinale e ti guardi intorno e vedi tutte quelle facce, migliaia di facce, stravolte, tirate per la paura, la speranza, la tensione. Tutti completamente persi, senza nient’altro per la testa. E poi il fischio dell’arbitro e tutti che impazziscono. E in quei minuti che seguono tu sei al centro del mondo. E il fatto che per te è così importante, che il casino che hai fatto è stato un elemento cruciale in tutto questo rende la cosa speciale. Perché sei stato decisivo come e quanto i giocatori. E se tu non ci fossi stato, a chi fregherebbe niente del calcio? E la cosa stupenda è che tutto questo si ripete continuamente” – Febbre a 90°.

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