La maledizione Béla Guttmann Benfica Milan Sampdoria

Calcio totale e bottiglie spaccate: quando la maledizione di Béla Guttmann sfiorò il Milan

“D’ora in avanti non vincerete più una coppa internazionale per almeno 100 anni”. La maledizione, tuttora in corso, lanciata al Benfica dal celebre allenatore Béla Guttmann la conoscete tutti. Si conosce molto meno, invece, di quando il Milan rischiò lo stesso anatema qualche anno prima.

E’ il 1953 quando Bèla Guttmann, già reduce da due altalenanti esperienze in Serie A tra il ’49 e il ’51 con Padova e Triestina, approdò sulla panchina rossonera subentrando all’esonerato Arrigo Morselli. “Un astuto ebreo-ungherese” lo definì immediatamente Gianni Brera. Niente di più veritiero riferito a un giramondo ex istruttore di danza scampato miracolosamente all’olocausto, diviso tra la carriera da contrabbandiere d’alcol nell’epoca del proibizionismo e quella di speculatore in borsa con fortune alterne nel periodo della grande depressione.

La fama che precede Guttmann non è esattamente quella di un filantropo: tra fondi neri, il ritiro della tessera federale e qualche scandalo di troppo nel corso degli anni, ma al tempo stesso sono apprezzati i suoi metodi di allenamento innovativi. Ereditato il Milan in corsa, chiuse la sua prima stagione in rossonero al terzo posto senza infamia né lode, dietro a Inter e Juventus. Nessuno, in realtà, si aspettò miracoli dal tecnico ungherese con la rosa a disposizione, a differenza dell’anno seguente.
Nel 1954, infatti, il Milan fu rilevato da Andrea Rizzoli, che allestì una squadra in grado di puntare allo scudetto impreziosita dal fuoriclasse uruguaiano Juan Alberto Schiaffino. Con lui, un giovane di belle speranze scoperto proprio da Guttmann durante la sua esperienza alla Triestina: un certo Cesare Maldini che, ironia della sorte, sarà poi carnefice del Benfica “maledetto” nella finale di Coppa dei Campioni nel 1963.

Dopo la preparazione atletica estiva, il Milan parte a razzo in campionato (9 vittorie e un pareggio in dieci giornate, oltre a un gioco spumeggiante), trascinata anche da Nordahl e Liedholm, ritrovandosi in vetta alla classifica al termine del girone d’andata.
Qualcosa, però, all’improvviso si interrompe. L’alchimia si spezza. I rossoneri perdono Schiaffino a causa di una lunga squalifica e diversi altri pezzi pregiati per infortunio. Comincia una lunga serie di passi falsi che porta nello spogliatoio una massiccia dose di nervosismo.
A conferma del difficile momento vissuto da Guttmann è emblematica la cena in compagnia della moglie Marianne, il connazionale Lajos Czeizler, ex allenatore del Milan all’epoca alla Sampdoria, e rispettiva consorte. Succede di tutto. Urla, pugni e addirittura una bottiglia spaccata in testa nell’azzuffa tra le due donne. Non proprio il modo migliore per ritrovare un briciolo di serenità.

Neanche a farlo apposta, Milan e Sampdoria si affrontano giusto due settimane dopo e il netto trionfo dei blucerchiati a San Siro fa partire i titoli di coda sull’avventura rossonera di Guttmann. Czeizler al termine della gara ne dice di tutti i colori sul suo connazionale che, in piena notte, viene convocato in sede dalla società.
Forte del primato in classifica mantenuto, Guttmann attribuisce il periodo di flessione alle assenze e rimane ad aspettare per ore il verdetto del Milan in un bar accanto alla sede, in compagnia della moglie. Un bicchiere di Pálinka tira l’altro, l’attesa sembra infinita, ma per il controverso allenatore non ci sono speranze. Scatta l’esonero. Béla Guttmann, intercettato poco dopo dai giornalisti, si esibisce in un irriverente inchino e dichiara: “Sono stato licenziato, anche se non sono né un criminale né un omosessuale. Addio”. Nessuna maledizione, ma una stoccata sarcastica che rivela tutta l’amarezza per l’epilogo in rossonero e per il trattamento ricevuto, per un allenatore in grado, pochi anni più tardi, di entrare nella storia imprimendo il suo marchio inconfondibile nel calcio brasiliano e di fare del Benfica una delle squadre più gloriose di tutti i tempi. Prima del suo celebre anatema ovviamente.

Al suo posto il Milan ingaggia Héctor Puricelli, che finirà il lavoro portando la squadra al quinto scudetto della sua storia. Ma poco importa. L’avventura italiana di Guttmann si chiuderà ufficialmente pochi mesi più tardi al Lanerossi Vicenza, sebbene di fatto sia terminata molto prima in quel cupo bar di Milano, tra screzi, risse e un’attesa interminabile. La degna fine per un personaggio scomodo e mai disposto ad accettare compromessi.

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