Rachid Neqrouz: il difensore che Salvini non apprezzerebbe Bari Bin Laden Corriere della Sera Inzaghi marcatura

Rachid Neqrouz: il difensore che Salvini non apprezzerebbe

Parlare di episodi in qualche modo riconducibili agli attentati di Parigi, Istanbul e alle violenze di Colonia non è affatto semplice. A maggior ragione in uno spazio come questo che non vuole far propaganda in alcun modo.

La storia di Rachid Neqrouz, in ogni caso, non poteva non passare dalle pagine di TheBegbieInside, in particolare in questo periodo.

Neqrouz è uno di quei giocatori che se sei cresciuto negli anni ’90 ricordi con un pizzico di affetto, a prescindere dalla tua fede calcistica. Leader carismatico del Bari di Eugenio Fascetti, che vantava giocatori come Masinga, Ingesson, Ventola e Zambrotta, è stato il primo calciatore marocchino a giocare in Serie A e rappresentava la categoria di difensori che non avresti mai voluto trovarti davanti. Ma nemmeno dietro.
Inzaghi, in particolare, se lo ricorda bene per un Bari-Juventus datato 19 ottobre 1997, con Neqrouz protagonista di una marcatura decisamente non convenzionale, che non insegnano nemmeno nei peggiori campi di provincia.

Filippo Inzaghi Rachid Neqrouz marcatura

Comunque, non volevo parlare di questo. Anche se una menzione nostalgia era d’obbligo. Non voglio parlare nemmeno del suo arresto nel 2004 per danneggiamento di un bar e resistenza a pubblici ufficiali insieme ad un amico, dopo che il barista alle cinque del mattino si era rifiutato di servirgli da bere. Un vero Begbie.

Voglio parlare delle sue dichiarazioni rilasciate al Corriere della Sera il 15 ottobre 2001, mai come in questo momento così attuali. Un’intervista non banale che fa riflettere molto e dimostra come, anche a distanza di quindici anni, tra guerre in Afghanistan, Iraq e altre presunte “missioni umanitarie” nulla sia veramente cambiato.

Siete liberi di avere la vostra opinione, non mi interessa parlare di politica, ma un’intervista del genere fatta ad un calciatore, di questi tempi impegnati soltanto tra lampade e selfie, merita di non cadere nel dimenticatoio.

“Io sono con Bin Laden, ma anche contro di lui: le sue ragioni sono giuste, ma certo non condivido i metodi, non condivido il terrorismo, piango al pensiero di aver visto morire in tv 6 mila persone nel crollo delle Torri gemelle e del Pentagono. La cosa certa è che lui è l’unico musulmano che, da solo, è riuscito ad affrontare l’America. E’ una persona per bene, un uomo come altri. Lo sceicco saudita è riuscito a vendicare le sofferenze di migliaia di innocenti, dei martiri della guerra in Palestina e dei bombardamenti anglo-americani in Iraq. Non è un eroe, questo dev’essere chiaro. Perché tutti noi musulmani abbiamo pianto guardando la tv l’ 11 settembre e continuiamo a indignarci per quel massacro. Dico solo che l’Occidente dimentica che in Iraq gli Usa hanno bombardato e ucciso degli innocenti. Che il presidente George W. Bush, all’ inizio del suo mandato, aveva deciso di disinteressarsi della guerra tra Israele e Palestina. E aggiungo che se ogni giorno facessimo vedere, solo per un minuto, quello che accade ai palestinesi, ai bambini iracheni che muoiono di fame per l’embargo, forse capiremmo meglio come vivono i nostri fratelli musulmani. Il terrorismo è frutto del delirio e della follia, non certo della rabbia di chi vede i propri figli morire di fame. Io quando vedo che altri musulmani hanno bisogno di me faccio il possibile per aiutarli, li porto a mangiare e a dormire a casa mia. Gli regalo soldi. Darei la vita per loro. Ma quanto ai terroristi delle Twin Towers, loro non andranno certo in paradiso: solo Allah può decidere di togliere la vita ad un essere vivente, lo dice il Corano. Come si risolve il conflitto in Medio Oriente? Lo dico da sempre, con la preghiera. Non stupitevi se dico che la penso come il Papa. Anche noi musulmani dobbiamo pregare: per gli Usa e l’Afghanistan, per Bush e per Bin Laden”.

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